Su, ricama il cielo a nuovo,
inventa e metti in mostra nuove stelle,
così che, graffiando freneticamente i tetti,
verso il cielo si arrampichino le anime degli artisti (V. Majakovskij, Ehi!, 1916)
Sperando di riuscire a farlo in maniera conveniente, un artista
si chiede, spesso preoccupato, se vi siano motivi sufficienti per prendere la
parola al cospetto della pittura. Si dice preoccupato, perché egli dubita
di poter indicare con la parola le vie da seguire in pittura, pittura che si
contorce senza lingua sapendo parlare un linguaggio proprio.
Come unica giustificazione di artista, lo conforta tuttavia il pensiero che
un discorso sulla pittura possa avere il compito, in qualche modo, di intensificare
alcuni segni dipinti. Se egli riuscirà in questo intento, un suo discorso
sulla pittura potrebbe avere un senso.
Tuttavia, lartista sa che, nel suo faticoso e impossibile tentativo di
precisare con la parola le fasi di un processo creativo, mai definitivamente
riuscirà ad uscire dal vago del pennello ribelle che, arruffato e silenzioso,
trascina il suo tormento. Vago perché, durante lo sviluppo di un lavoro
artistico, lartista spesso fa di tutto per evitare il descrittivo, la
designazione, il mimetico, il simbolico, quali residui ulceranti di un certo realismo.
Ed ecco che, alle sudice tracce della rappresentazione, egli propone e oppone
sulla tela gli effetti indeterminati di alcuni tratti volutamente dislocati,
trasfigurati, slittati, sfocati, sfuggenti e differiti.
Mesdames, Messieurs,
La linea della verità trovata, contorta e raddrizzata in plotoni di termini,
è travestita in abito da sera da cenci azzurri della necessità.
La misera rozzezza umana in veste di risultato razionale tende a far crollare
intorno ad una idea un mondo ormai ansimante.
Lessere umano si ripete, e il suo possedere e accumulare confini, identità,
capitali, non fa altro che condurlo irrimediabilmente ad uno scadimento senza
alcuna possibilità di scampo. La caduta di civiltà è tale
oggigiorno in toni violenti, negli orrori della guerra che si
avverte un mondo sempre più nostalgico della sua pace. Larte
insorge, stanca di sottostare al padrone e di essere ricondotta all'incancrenire
delluomo rispetto allo slancio vitale della creazione o dellinvenzione
artistica.
Uff, che allegria! Avvinghiati al presente, incrostati di vecchiume inerte e
inespressivo entro angusti schemi irrigiditi, avvelenata è questa
vita: noia sonnolenta, assuefacente banalità. Laddove locchio degli
uomini si arresta appagato, allartista spetta il compito non facile di non
affermare, al pensiero degli ottimisti, che questo è, di tutti i mondi,
il miglior mondo possibile.
TERREMOTARE I CONFINI DELLA RAPPRESENTAZIONE!
Suvvia, uomo rammollito! Datti forza per linevitabile ritorno al tuo grigiore
quotidiano. Dimentica il mondo e colui che gli tiene le briglie tirate. Sappi
abbandonare per una volta ogni forma di sicurezza, il tuo portafoglio, il tuo
tornaconto, il preferito punto di vista e il comodo angolino da dove ti figuri
questo mondo, deponi per un istante il tuo sguardo padrone e svagati nella visione
incontrastata della creazione artistica.
Abbasso i padroni della vita, abbasso il loro amore, abbasso la loro
arte, abbasso la loro religione, abbasso il loro regime, abbasso
i loro idoli: abbasso la rappresentazione!
Questo vuol essere tuttaltro che un incoraggiamento accademico, protocollare,
convenzionale: il lettore smetta daggrapparsi per spasmi a mere convinzioni
e vecchi valori per fini terapeutici luomo cade spesso nellerrore
molto diffuso di accontentarsi della parte che gli è toccata suonare.
Lartista sonnecchia nel disegnare scenari. Ma come colui che rischia sempre,
egli sa cavarsi dimpiccio ed è, forse, più felice di chi
non crea, di chi non può liberarsi creando (Paul Klee) perché
conosce più di un modo, non solo di affaticare il comune lettore, ma
soprattutto di trovare escamotage per disertare lumiliante rappresentazione,
scoraggiandola, scuotendola, squilibrandola, contestandole una irrigidità
ormai insostenibile e asfissiante.
È ora il tempo di spezzare il recinto della rappresentazione e tramutarlo
in uno squarcio dinvocata alterità; operare unapertura, uno
scarto, una fenditura: aprire un varco oltre il presente. Vano è stato,
è e sarà ogni tentativo di raggiungere la definitiva stabilizzazione
dellirrappresentabile raffigurazione.
Ah, maledetti i falsi esteti da strapazzo che, sempre gonfi di Cultura, considerano
lArte una caritatevole simulazione dellestetica rappresentazionale.
Lartista ha un totale disinteresse per la contemporaneità
dellarte e, tanto meno, si pre-occupa di unarte dettata dal leggìo
della realtà, unarte annodata al guinzaglio di ideologie autoritarie
e logocentriche a loro volta risultato di storture del mondo capitalistico.
Lartista non si ritrova nei circuiti della rappresentazione né
nei processi moderni per una commercializzazione della creatività.
Al solo pensiero del tempo che ha dovuto perdere per guadagnare, allartista
stridono i denti; il suo vero lavoro è nelle nubi, in unattività
di ricerca corroborante, immateriale e di straniamento, avulsa da ogni appiglio
col reale peraltro non volendo trarre da ciò alcune
conseguenze di tipo politologico.
Larte rifugge le inquadrature visive che ne rallenterebbero e ne annasperebbero
il suo passo ardito nel tentativo di sconvolgere la logica delluniverso.
Per ravvivare i colori del mondo lartista si trova ad operare per scioglilessici,
sintassi slegate, per sovrapposizioni e per interdipendenze tematiche: una scrittura
fuori dellordinario visibile. In una sequela di segni non conclusi, di
tratti e punti da congiungere, lartista semina la pittura dellirrappresentabile,
una pittura che non rispecchia i contemplatori darte ma che gratuitamente
si offre in mirabili frammenti, frammenti incapaci di cose pratiche nonché
sempre pronti a scompigliare limmagine-prototipo di questo mondo.
Di una pittura non-rappresentazionale, dellirrappresentabile, non si dà
rappresentazione, ma può ben esserci esposizione, perché già
inevitabilmente esposta, impossibilitata a sottrarsi, in un coinvolgimento di
cui dà mostra nel suo tendere alla raffigurazione. La raffigurazione
dà la possibilità allartista di rendere un testo il cui
tessuto non sia la registrazione della realtà (mera trascrizione). Solo
così lartista di questa tessitura avrà modo dinoltrarsi
verso la scrittura, una scrittura sdoppiata e demoltiplicata; una scrittura
contro gli assalti dellimbavagliamento, contro i dettati, i testi pre-scritti,
le parole e le immagini imposte e impastate.
La pittura si fa scrittura eseguita orchestrando, nellalternanza
strumentale tacere e ascolto, otografia e visione, de-scrittura e ri-scrittura.
Con dissonanze incise e talvolta abbozzate conduce ben presto il supporto alla
rovina, crea la raffigurazione, una specie di contro-immagine, di controidola,
incessante e indefinita protesta contro le leggi della rappresentazione.
E rende sempre di nuovo il tacere al posto del rumoroso silenzio.