Adelaide (AU), 2004 (Photo by Renée Petrilli)

L'OPERA, L'ARTISTA, IL POETA

di Fabiola Giancotti

 

"Il poeta è un essere che non ha simili, non conosce mestiere e non sa come si volgerà il suo Dio. Come può pensare a limare, levigare o descrivere? E quando la ragione le ha chiarite, le parole, pur essendo incomprensibili, sono veramente reali. "Rimbombavano le campane" è terribile, grossolano e assurdo. Sono certo che il poeta abbia provato molte cose. Dice però "rimbombavano" come direbbe chiunque. Io dico che perché le campane veramente rimbombino, la gente dovrà trovarsi vicino alla chiesa così che uno racconterà, l'altro reciterà, un terzo canterà, un quarto dipingerà"

K. Malevic, 1919

 

Linguista e poeta, Luciano Ponzio è anche disegnatore e grafico. Traduttore e lettore, ma anche artista e pittore.
Un giovane che raccoglie interrogazioni, inquietudini, sensazioni, questioni, enigmi. E talvolta restituisce qualcosa nella varietà dei suoi scritti e delle sue opere. Un accenno. Uno sforzo. Un testo. E a una domanda risponde con un'altra domanda. A quell'età nulla è ancora piano. Si sale per sentieri di montagna e si passeggia negli abissi, si odono colori, si dipingono rumori e non s'indossa nessuna uniforme.
Luciano si chiede chi fossero e da dove venissero gli artisti, che cosa volessero o chiedessero, e, dopo avere scombussolato il mondo, che cosa poi rendessero e come restituissero ciò che avessero fatto proprio.
E intanto Luciano cerca. E, invece di suggerire risposte a quelli che saranno, formula domande a quelli che erano e li ringrazia per non avere lasciato, tra la propria eredità, nessuna risposta. Di avere anzi contribuito a rendere invisibile l'oggetto, radicale lo squarcio, incommensurabile la differenza. E attuale l'eternità. Mentre il mondo si crea risposte e sistemi, più o meno algebrici e geometrici, più o meno complicati e fosforescenti. L'artista non crea. Inventa, fa, racconta quello che non è mai stato, che non è, che non sarà. Inventa, fa, racconta ciò che resta.


Qui, gli strati. L'impossibile segno della differenza.
Nessuna divisione della differenza o differenza della differenza. Nulla può appianare la superficie. Incolmabile la differenza. Superficie come pagina. La cui condizione è il colore. Invisibile. E pure intoccabile. Nessun fondo dell'opera e nessuna colorazione. Possiamo dire: nessuna significazione. Il segno non significa. La lettera non significa. La qualità non interviene per significare.
Noi non sappiamo, non vogliamo, non possiamo e non dobbiamo leggere le opere di Luciano Ponzio. Noi le leggiamo, e basta. Per scrivere. E le leggiamo mentre scriviamo. Cioè mentre si compie la nostra ricerca e il nostro viaggio. Viaggiando e scrivendo. Un'opera d'arte o un'opera poetica. Un disegno o un romanzo. Su un ponte o su un'astronave.


La tentazione è il commento e l'interpretazione dell'opera e dell'artista. La scrittura sulla scrittura. La cancellazione irreversibile della differenza. Per rendere accettabile chi si propone rappresentante della differenza, cioè il diverso, rappresentante esclusivo delle piccole differenze.
Della differenza non c'è sistema. Non c'è catalogo. Nessuno può rappresentarla né rappresentarsela. L'artista, chi per un'estrema follia si dice artista, può forse intenderne qualcosa, ma che cosa può dirne? Forse può accennarne qualcosa con un'opera?


Forse.


Forse per questo altri folli varcano la vetrina di una galleria o il portone di un museo. Casomai qualcuno, prima o dopo, abbia raccontato o racconterà una fiaba, una favola, una novella.


Milano, dicembre 2004

 

 

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